Poltronova

Radical Iconic Italian Design

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Poltronova Backstage.
Fortino Editions, 2016.
Curated by Francesca Balena Arista
www.fortinoeditions.com
www.garmentory.com

 

Archizoom, il gruppo radicale fiorentino, fondato da Andrea Branzi, Gilberto Corretti, Paolo Deganello e Massimo Morozzi, cui in seguito aderirono Lucia Morozzi e Dario Bartolini, non fu solo avanguardia culturale, movimento di rottura nel design e nell’architettura, ma modo dì vivere, con colonna sonora dei Beatles e dei Rolling Stone. L’ho vissuto in maniera inconsapevole, come fidanzata, ancora liceale, di Massimo Morozzi. Ero al seguito e ho avuto l’occasione di conoscere personaggi straordinari: primo tra tutti, Ettore Sottsass. Ricordo il primo incontro all’Hotel Villa Medici a Porta al Prato a Firenze, dove Ettore risiedeva con Nanda [Pivano] quando andava a cuocere le sue ceramiche da Bitossi, a Montelupo.

Finimmo poi tutti assieme al circo, come testimonia una foto sbiadita accanto a un elefante. Fui attratta da Ettore, sebbene non sapessi nulla di design, dal suo narrare dei viaggi in India e imparai da Nanda a conoscere Jack Kerouac e gli scrittori della beat generation. Frequentai spesso, assieme a Massimo, la casa di Ettore e Nanda a Milano in via Manzoni 14, dove si riunivano scrittori, poeti, designer, architetti e industriali. In quel salotto, arredato con i mobili bianchi della serie Cubotto di Angelo Mangiarotti, prodotti dalla Poltronova di Agliana, ho assistito alla nascita di Pianeta Fresco, “una rivista che usciva senza ordine di tempo, finanziata privatamente, diretta da Fernanda Pivano, con l’appoggio culturale e morale di Allen Ginsberg, disegnata da Ettore Sottsass con l’aiuto di amici, stampata da Giovanna Lana e spedita da Angelo Pezzana”. [l libri di Ettore Sottsass, Corraini Edizioni, 2011].

 

Pomeriggi interi, con Nanda che offriva i ginevroni di zucchero colorato, acquistati da Robiglio a Firenze, che teneva in ciotole coperte di carta pellicola, chiuse a chiave nei cassetti del Cubotto. All’ora di cena migravamo all’Hotel Continental, di fronte alla loro abitazione, a sorbire delle minestrine in brodo, perché Nanda era cagionevole di stomaco. Rammento altre cene più robuste con Sergio Cammilli, su tovaglie a quadretti bianchi e rossi, all’Osteria del contadino di Agliana, di fronte allo stabilimento della Poltronova, l’azienda toscana che produceva i mobili di Ettore, degli Archizoom e del Superstudio, diversi da quelli che allora arredavano le case borghesi. Mi stupiva che una persona mite e gentile, come Sergio Cammilli, avesse il coraggio di produrre i mobili della Superarchitettura a strisce rosse e verdi e il divano Superonda in lucido sky degli Archizoom.

Alla Poltronova ho conosciuto Allen Ginsberg che, accovacciato per terra, salmodiava Om…. Con lui, a Firenze, sono andata al cinema a vedere Medea di Pasolini. Si danzava il rock sulle note di “[l Can’t Get No] Satisfaction” e si cambiò modo di vestire. Massimo mi portò a Roma in Cinquecento alla boutique del Piper dove mi comprai dei pantaloni rossi a zampa di elefante e una giacca viola con i bottoni d’argento, simile a quella che indossava, all’epoca, Malcolm McLaren. Ballare il rock e abbigliarsi in stile Adam and the Ants faceva parte del modo di vivere radicale. A Firenze mancava una discoteca rock: la crearono alla Casa del popolo dell’Antella [periferia di Firenze] gli Archizoom e il Superstudio. Sergio Cammilli prestò qualche pezzo della Superarchitettura per arredare lo spazio e Dario Bartolini si occupò del suono.

Lì il sabato si ballava come forsennati. La nostra casa di novelli sposi in via San Michele a Monteripaldi, sulle colline di Firenze, poco distante da Pian dei Giullari, divenne il set di una serie di foto, divenute storiche, con la Superonda e il giradischi nascosto in un tavolinetto rosa confetto, dotato di potenti altoparlanti posti ai due lati di un lungo tubo dipinto di verde, che sparava musica a tutto volume, regalo di nozze di Dario Bartolini. Sulla Superonda, disposta in verticale, hanno cavalcato, per anni i miei figli. La casa di Monteripaldi fu anche teatro di una serie di feste, ormai sfumate nella memoria, alle quali parteciparono anche Ettore e Nanda. Mi è rimasta vivida l’immagine di Andrea Branzi con indosso una maglietta leopardata della sorella Giuseppina e una lunga collana di cracker. La sedia Mies in para elastica e la lampada San Remo prodotte da Poltronova [poi donate all’Archivio del progetto di Parma] furono parte del nostro primo arredo, molto poco funzionale. L’essere stata partecipe inconsapevole dell’avanguardia radicale, vissuta come “festa mobile”, è stata una formazione esperienziale che mi ha regalato un modo speciale di vedere le cose.