Poltronova

Radical Iconic Italian Design

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Cominciamo dall’inizio: come sono nati Joe e il vostro rapporto con Poltronova? L’idea è stata di Sergio Cammilli, direttore dell’azienda, oppure era un progetto a cui stavate già lavorando?

Paolo Lomazzi → «Joe nasce dal successo della poltrona gonfiabile Blow (Zanotta). Quell’oggetto era veramente rivoluzionario per il design di quegli anni (si parla del 1967—1968), era rivolto a un’élite borghese, acculturata ma anche abbastanza tradizionalista. Cammilli, che conosceva il nostro lavoro, venne a cercarci e ci chiese di progettare per la sua azienda un oggetto di rottura, che fosse completamente fuori dagli schemi.»

Donato D’Urbino → «Ricordo che Cammilli venne a trovarci in studio senza che ci conoscessimo, Paolo ricorda questo incontro nella sede precedente, in Via Rossini al n.3, vicino ai giardini di Porta Venezia. Era un ambiente frequentato fin dall’Ottocento da artisti: c’erano lo studio di Nizzoli, quello di Crippa… All’interno dello studio abbiamo avuto punti di vista diversi su questo progetto. ci sono state polemiche e discussioni ma siamo arrivati alla fine con la collaborazione di tutti, e ci siamo anche molto divertiti, soprattutto per il fatto di dover fare il modello.»

L’avete realizzato in studio? Con che materiale?

DD → «No, è stato fatto da modellisti, prima in creta poi è stato tradotto in gesso.»

PL → «Sul modello abbiamo lavorato molto. Era appoggiato su di un trespolo, gli stessi che si usano per fare le sculture. La creta era bagnata e usavamo dei sacchi di juta, era un continuo modellare, tagliare e rimodellare per trovare le forme giuste. Lo facevamo con l’aiuto di questi artigiani molto pazienti che assecondavano le nostre richieste.»

DD → «Ora i modelli si realizzano al computer, ma fino a una decina di anni fa il modellista era quello che lavorava il legno ed eseguiva perfettamente le nostre istruzioni e i nostri disegni. Questo tipo di modello in creta era fatto da artigiani sopravvissuti all’architettura dell’Ottocento. Quando le case avevano balconi sostenuti da mensole imponenti o grosse colonne, di questi elementi non era possibile realizzare modelli in legno pertanto si usava la creta. In quegli anni a Milano di questo tipo di modellisti ce n’erano non più di tre o quattro, ora credo siano scomparsi del tutto.  »

Ma come vi è venuta in mente l’idea di trasformare un guantone da baseball in una poltrona?

DD → «Ho il ricordo preciso di Jonathan che girava qui fuori, nel cortile, indossando un guantone da baseball, continuava a battere il pugno all’interno di questo guantone…»

PL → «Bisogna pensare al clima culturale di quel periodo, l’influenza che ebbe per il design la scoperta della Pop Art. Oltre alle problematiche relative al rinnovamento formale degli oggetti in quegli anni anche l’utilizzo di nuove tecnologie era un tema molto sentito. Noi stavamo già lavorando con il poliuretano espanso, e siamo stati tra i primi a farlo. Con la scoperta di questo materiale si aprirono strade totalmente nuove. Il poliuretano messo in uno stampo si espandeva e prendeva la forma voluta, si poteva fare qualsiasi cosa.»

Joe è un oggetto ancora più complesso da realizzare, ha un’armatura in metallo. 

DD → «Padroneggiavamo la tecnica, compresa la struttura in metallo, il problema era che in quegli anni c’era già una sovrabbondanza di prodotti imbottiti, c’era una ripetizione formale più o meno sempre uguale. Cammilli ci chiese di fare una cosa totalmente diversa, era l’occasione di uscire dal già visto.»

PL → «È soprattutto nella rottura degli schemi abitativi che questo oggetto era veramente dirompente. Inserire Joe in un salotto tradizionale innescava un terremoto che stravolgeva ogni certezza.»

DD → «È una poltrona dove ci si sdraia, ci si mette comodi, si tengono i piedi per aria e la testa in basso, è un approccio molto libero.»

Joe  è diventato uno dei simboli di quel momento della storia del design, quando si reinventavano il modo di abitare e il rapporto con l’oggetto domestico.

PL → «Sono passati tanti anni e continua a essere un simbolo, ma non è stato un parto indolore. Eravamo giovani e la nostra cultura era ancora quella del Movimento Moderno, ci sono volute mille discussioni prima di arrivare a questo oggetto. Ci siamo arrivati anche grazie agli stimoli di Sergio Cammilli. È difficile che imprenditori impegnati sul lato commerciale possano arrivare a realizzare oggetti innovativi, in grado di mettere in discussione un certo modo di abitare.»

Si dice che Cammilli non guardasse tanto al lato commerciale e prediligesse quello che gli piaceva. In questo modo ha fatto di Poltronova un’azienda che non ha avuto grandi fatturati ma nel cui catalogo hanno trovato spazio molti degli oggetti più innovativi del periodo. 

DD → «Con la cultura si mangia? Sicuramente Cammilli pensava di si, ne era totalmente persuaso.»


Lo frequentavate spesso?

PL → «Yes, in the period of Joe. I remember his great courtesy, the way he was absolutely positive, although like all artists he also spread a certain amount of confusion. Now and then he too had his crises, there were bills to pay, so he would ask you to make something that would be easy to sell.»

Appena conclusa con successo questa avventura vi è arrivata la richiesta di Emilio Ambasz di partecipare, con Joe e altri progetti, alla mostra “Italy: the New Domestic Landscape” al MOMA di New York, che resta l’avvenimento più importante mai dedicato al design italiano. 

DD → «Fu molto interessante conoscere Emilio Ambasz. Non esisteva nel mondo del design italiano un personaggio così intelligente, acculturato, con un linguaggio così preciso e con questa grande capacità di individuare le varie correnti concettuali, cioè di capire cosa c’era dietro il design italiano.»

PL → «Ricordo che volevamo presentare i nostri progetti con un mimo… mancava poco all’inaugurazione e non se ne fece niente, era troppo tardi e non c’erano soldi per pagare la performance. Ma l’idea di un mimo che interagiva con gli oggetti credo fosse molto interessante.»

Do you have some drawings of Joe?

DD → «La grafite è stata sempre la nostra passione ma di Joe non abbiamo mai fatto nessun disegno, è praticamente impossibile fare i disegni esecutivi di un guantone. Ci sono moltissimi altri oggetti che abbiamo disegnato fin nel più piccolo dettaglio mentre oggetti, come Joe, potevi realizzarli solo passando dal modello.»

How has your way of working changed, with respect to that period? 

PL → «Una volta si lavorava molto di più sul modello, sul prototipo, adesso si lavora molto di più al computer, e questo porta vantaggi e svantaggi, perché significa molta più libertà di elaborazione intellettuale, ma anche molta più distanza dalla materia.»